Il Reddito di Cittadinanza spetta anche in caso di dimissioni volontarie da parte del lavoratore? In quali casi la domanda può essere accolta?
Reddito di Cittadinanza e dimissioni
Il Reddito di Cittadinanza spetta anche in caso di dimissioni, ma… Il nuovo Reddito di Cittadinanza verrà erogato, a seguito di domanda, ai nuclei familiari in difficoltà economiche che possano soddisfare determinati requisiti. Per quanto concerne il termine dell’attività lavorativa, l’articolo 2 comma 3 del decreto legge n. 4 del 28 gennaio 2019 recita stabilisce quanto segue:
Non hanno diritto al Reddito di Cittadinanza i nuclei familiari che hanno tra i componenti soggetti disoccupati a seguito di dimissioni volontarie nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni, fatte salve le dimissioni per giusta causa.
Ciò significa che se anche uno dei componenti del nucleo familiare richiedente il Reddito di Cittadinanza ha lasciato l’attività lavorativa per propria volontà, comunicando quindi al datore di lavoro le proprie dimissioni volontarie, il sussidio non può essere accolto né erogato.
Il Reddito di Cittadinanza spetta anche in caso di dimissioni
Nel caso in cui uno dei componenti del nucleo familiare richiedente il Reddito di Cittadinanza abbia lasciato il lavoro comunicando le dimissioni volontarie il sussidio non potrà essere erogato. Questa regola, però, è valida solo nei primi 12 mesi successivi al termine del rapporto di lavoro. Superato l’arco temporale di un anno, infatti, sarà possibile presentare la domanda per il RdC e vedere la propria domanda accolta.
Si potrebbe pensare che questa regola sia abbastanza inutile considerato che ha validità per un solo anno, così che chiunque, lasciando il proprio posto di lavoro e non lavorando (in regola, s’intende) per almeno un anno, possa comunque accedere al sussidio preferendo l’assistenzialismo al lavoro. C’è anche da dire che chi lascia il proprio lavoro, a meno che non abbia sbancato il Superenalotto, lo faccia per dei buoni motivi anche se questi non rientrano tra le fattispecie che determinano le dimissioni per giusta causa. Può capitare di costretti a fare dei lavori avvilenti, che generano malessere, fisico o psicologico, e se queste condizioni non sono abbastanza estreme da poter essere considerate valide al fine della giusta causa sarebbe forse giusto interromperle definitivamente per il nostro bene, consapevoli dei rischi a cui andiamo incontro. Quindi il Reddito di Cittadinanza spetta anche in caso di dimissioni volontarie ma la domanda può essere effettuata solo dopo 12 mesi dalla data delle dimissioni.
Reddito di Cittadinanza e dimissioni per giusta causa
Nel caso in cui il lavoratore dovesse trovarsi nella condizione di dover (e poter) interrompere l’attività lavorativa comunicando le dimissioni per giusta causa questa scelta non avrà alcuna influenza sul diritto a percepire il Reddito di Cittadinanza. Il sussidio, infatti, potrà essere accolto ed erogato, a patto che il nucleo richiedente soddisfi anche tutti gli altri requisiti richiesti.
Dimissioni per giusta causa:
- Mancato pagamento dello stipendio da più di 3 mesi, molestie sul lavoro, mobbing, stalking, ecc…
- Dimissioni entro il compimento del primo anno del proprio figlio
- Trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante più di dalla vostra residenza o raggiungibile in più di 80 minuti utilizzando i mezzi pubblici. In questo caso il nostro invito è quello di valutare attentamente la scelta delle dimissioni. E’ vero che un trasferimento potrebbe essere sfiancante, ma il decreto del RdC prevede che il richiedente non possa rifiutare più di due proposte lavorative: la prima offerta di lavoro potrà arrivare entro un raggio di 100 km dal domicilio dell’interessato, se verrà rifiutata, la seconda offerta potrà arrivare entro un raggio di 250 km. Se anche questa verrà rifiutata la terza offerta potrà arrivare da tutta Italia. Il rischio, insomma, è quello di lasciare un lavoro sicuro per poi essere costretti a trovarne un altro ben più lontano!
